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Nelle arti contemporanee (cinema, cartoni animati, fino a manga e musica hip-hop) anche le discipline marziali trovano adeguata rappresentazione. In questa serie in sei appuntamenti, attraversando epoche e abbracciando culture diverse rendiamo omaggio alla tradizione ancestrale del Kung Fu: trasmesso di generazione in generazione, si manifesta come fenomeno pop ma anche come strumento di protesta.

Trasmessa di generazione in generazione, l'arte del Kung Fu è un fenomeno pop ma anche strumento di protesta.

Kung Fu Revolution(s)

Per tantissimi artisti, ormai  l'Auto-Tune è diventato come una seconda pelle. Artisti pop di nuova generazione come Lujipeka, Aloïse Sauvage o Jacques non hanno più alcuna inibizione nell'uso del software. Sperimentano, spingono i limiti del programma o scelgono di tornare a suoni più grezzi e meno elaborati. È la fine di un'era?

Il futuro

Dopo anni di ubiquità nella musica, alcuni si interrogano sul futuro dell'auto-tune.

Auto-tune (6/6)

E se l'auto-tune fosse una specie di esperanto musicale? Offrendo riferimenti sonori comuni, il software abbatte le barriere linguistiche e riunisce artisti come il rapper tedesco Symba, il marocchino Stormy o il francese Jul. Facilitando approcci musicali e ponti estetici da un paese all'altro.

Il nuovo esperanto

Oggi l'auto-tune è utilizzato in tutto il mondo. Questo unisce le scene musicali attraverso un linguaggio universale.

Auto-tune (5/6)

Come si scrive una hit oggi? Fornendo supporto melodico agli artisti, il software auto-tune li aiuta a provare cose nuove e ad essere più vulnerabili. Per i giovani rapper come Uzi, è un'opportunità per cantare ed essere all'altezza del pop e della musica francese.

Hit 2023

L'Auto-Tune ha rivoluzionato il modo in cui componiamo, come dimostra la sessione in studio del giovane rapper Uzi.

Auto-tune (4/6)

Prima dell'auto-tune c'era molto più lavoro per i cantanti nelle tracce hip-hop, ma ora i produttori e i rapper registrano solo le parti cantate e correggono i toni con la sintonizzazione automatica. Dando loro l'intera indipendenza artistica e il 100% dei diritti d'autore.

Il mondo prima

E se l'auto-tune avesse messo fine all'età d'oro dell'R'n'B francese?

Auto-tune (3/6)

Dato che l'auto-tune sfida il modo di fare musica tradizionale, suscita enormi dibattiti. Il software è stato accusato di essere una stampella per cantanti privi di talento, o inondato di elogi, lodando il suo tocco sintetico e l'estetica futuristica. Da Philippe Maneuver ad Alexandre Astier e Médine a Soprano, le opinioni al riguardo divergono.

Il dibattito

Dato che l'auto-tune sfida il modo in cui viene prodotta la musica, suscita accesi dibattiti.

Auto-tune (2/6)

L'auto-tune è stato spesso scambiato per qualcosa che non è. Sebbene questo software consenta di correggere digitalmente le note sbagliate, non ha nulla a che fare con il vocoder o il talk box. Per capirlo, diamo uno sguardo indietro all'introduzione di questo programma, al suo creatore, ai primi passi e a come alcuni come PNL lo hanno usato male per creare nuovi suoni.

Gli inizi

L'auto-tune non ha nulla a che fare con suo cugino, il vocoder. Ma a cosa serve questo software?

Auto-tune (1/6)

In Matrix, Neo e Morpheus sono i monaci guerrieri di un tempio Shaolin 2.0. Con l'avvento del digitale, il nemico assume forme più subdole, arrivando ad interferire in luoghi inaspettati. Ma allora, come finirebbe un combattimento contro Neon Genesis Evangelion o Patlabor, gigantesche armature pilotate da samurai provenienti dal futuro?

Matrix: samurai 2.0

L'immagine del samurai resiste alla prova del tempo e della tecnologia.

Kung Fu Revolution

Nel XVI secolo, Yasuke, un ex schiavo africano in Giappone, diventa il primo samurai nero. Il mito di Yasuke è diffuso da artisti africani e liberi pensatori e risuona tra i giovani che sono già stati catturati dal dinamismo dei film di Hong Kong. Grazie a questo mito riappaiono le antiche arti marziali dei guerrieri nordafricani.

African Dojo

Nel XVI secolo, Yasuke, un ex schiavo africano in Giappone, diventa il primo samurai nero. Un mito che riverbera ancora oggi.

Le arti marziali hanno ispirato la gioventù americana nera dagli anni '70. Prima al cinema con la "blaxploitation", in cui guerrieri, incarnati da attori afroamericani, combattono contro i loro oppressori. Poi per strada, nei dojo urbani delle Black Panthers fino alla cultura hip-hop, un misto di rapper, break dance, graffiti artist e kung fu.

Black Belts Matter

Le arti marziali hanno ispirato la gioventù americana nera fin dagli anni '70.

Le spadaccine interpretate dagli intrepidi Cheng Pei Pei e Hsu Feng negli anni '60 anticipano le moderne eroine di Hollywood con decenni di anticipo. "Tiger and Dragon" (2000) farà conoscere il genere in Occidente. Oggi l'avventura continua con nuove muse epiche del cinema tra cui Liu Yifei, interprete della famosissima Mulan.

Tigri e dragoni

Mulan e le spadaccine combattono il patriarcato al cinema da decenni.

50 anni dopo Bruce Lee, le arti marziali sono ovunque e la loro filosofia è più attuale che mai. La sua influenza si scorge nei body gialli e nella riproposizione del grido di battaglia - "Be water" - nei movimenti di ribellione popolare che hanno scosso il mondo da ieri a oggi, da Hong Kong al Cile. Diventando un nuovo mito per i giovani desiderosi di libertà ed emancipazione.

Be Water

Il kung fu, politicizzato, diventa il grido di battaglia dei ribelli di tutto il mondo.

Nel mondo del kung fu, c'è un prima e un dopo Bruce Lee. Il giovane attore si fece subito notare per la sua eccezionale destrezza, rappresentando un fenomeno nuovo che il cinema americano non prese subito sul serio. All'epoca, non riuscendo a trovare ruoli a Hollywood, Bruce Lee tornò a Hong Kong - e da lì divenne un fenomeno mondiale.

Bruce Leader

All'origine del fenomeno Bruce Lee, rapidamente eretto a simbolo del Kung Fu.

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